Antonio Carpenè pioniere della spumantistica ed enologia italiana

Con la caduta della Repubblica veneta, avvenuta nel 1797, si interruppero tutti i fermenti e le attività di conoscenza e di crescita della viticoltura e dell’enologia trevigiane, svolte dalla Accademia agraria degli aspiranti sorta a Conegliano per volere della Serenissima alla metà del’600. Le successive dominazioni, napoleonica ed austriaca portarono ad un degrado generale dell’agricoltura del Trevigiano e solo dopo l’unificazione del Veneto all’Italia, ripresero vigore a Conegliano le iniziative volte alla crescita del settore agricolo.

 

Tra i sostenitori di questa crescita vi furono Angelo Vianello e Antonio Carpenè, che nel 1868 diedero vita alla Società enologica trevigiana, sorta con il duplice scopo di istruzione dei propri soci e di speculazione commerciale, con produzione di vini da pasto di buona qualità. Nel 1874, un anno dopo l’esposizione di Vienna, fu pubblicato l’importante volume: “La vite e il vino nella provincia di Treviso”, lavoro che aveva accompagnato i vini della Società enologica trevisana proprio all’esposizione universale tenutasi nella capitale austriaca. Oggi questo libro è stato ripubblicato in edizione anastatica, per volontà della Carpenè Malvolti, ed edito dalla De Bastiani editore (Tv).

Una finestra reale, aperta a distanza di oltre cent’anni, in cui vengono esaminate le questioni più importanti della vitivinicoltura della provincia di Treviso. I terreni, il clima, la divisione tra la sua popolazione e l’attività agraria. Interessante la distribuzione della superficie vitata, con approfondimenti nella produzione vinicola suddivisi per tipologie e qualità.

Tra le cose notevoli di questo periodo è la mancanza pressoché totale di vitigni internazionali, mentre abbondano il Pignolo, il Raboso, il Verduzzo, il Verdiso, il Bianchetto e il Prosecco. 27 i vini bianchi contro 23 i vini rossi presenti nei 96 comuni della Provincia. Entrando nel dettaglio, gli autori scrivono che i vini del Trevigiano possono dividersi in due semplici categorie: i vini neri comuni da pasto e i vini gialli, mentre si producevano i vini santi, liquorosi e da lusso in piccole quantità. I vini neri, fatta qualche eccezione per l’Asolano, venivano dalla pianura, mentre i bianchi dalle colline o zone montuose. La parte più interessante del volume riguarda i metodi di vinificazione, con una parte illustrata da disegni di macchine enologiche.

Pioniere della moderna enologia italiana ebbe numerosi meriti oltre a quello di aver fondato con Cerletti la scuola enologica di Conegliano nel 1873. Dal 1877 divenne Direttore della Rivista di Viticoltura ed Enologia. Sul piano della ricerca e della produzione di vini, Antonio Carpenè, nel suo ruolo di Direttore Tecnico, sempre di più si convinceva ed esortava ad investire sulla coltivazione su larga scala del Prosecco.

Fu in seguito ad un viaggio nella regione francese dello Champagne nei primi anni Sessanta dell’Ottocento che Antonio Carpenè capì con chiarezza che il vino del suo Territorio doveva essere fatto alla maniera dello Champagne, tanto che anche nell’etichetta del primo prodotto venne riportata la dicitura ‘Champagne Italiano’. Si dedicò soprattutto, dopo studi basati sulle teorie di Pasteur e di Koch, alla spumantizzazione del Prosecco col metodo classico. In seguito lavorò sul processo di fermentazione in bottiglia di uve Pinot. Carpenè nel 1880 aprì addirittura uno stabilimento per la spumantizzazione del Pinot a Monaco di Baviera ed un altro nel Trentino.