Aromatico di Valtellina, una leggenda o una splendida realtà?

La Valtellina è oggi per antonomasia una terra da vini rossi, nonostante numerosi documenti storici testimonino che nel passato si producessero vini bianchi, addirittura passiti o vini di paglia, da cui poi sarebbe in seguito derivata la produzione di Sforzato. Dalle preziose ricerche di Diego Zoia, studioso di Tirano (So), apprendiamo da un documento del 1724, che il “vino di paglia” era disponibile dopo la prima decina di dicembre.

Probabilmente ero lo stesso di cui parlava Giovanni Guler Von Weineck , governatore grigione (svizzero) della Valtellina nel biennio 1587-88, che scriveva: “Si appresta anche un buon vino dolce, che viene chiamato vino passito dalla maniera con cui i grappoli, dopo essere colti, vengono esposti sulla paglia per certo tempo, prima di essere pigiati”.

Era l’Aromatico di cui scriveva tempo dopo l’ abate Francesco Saverio Quadrio, nelle celebri “Dissertazioni critico-storiche intorno alla Rezia di qua dalle Alpi” (1755): “Parlo qui di quel vino detto Aromatico, che è vin di regalo; né già è così nominato, perché sia con aromi a quella perfezione condotto, come suppongono molti fuor di Paese. Esso è affatto naturale e sincero; ma che da scelte uve e lasciate bene prima appassire, espresso acquista per se medesimo e dal dolce aere, quella fragranza e vigore che il rende delizia de’ pranzi e fin medicina de’ mali”.

Prima ancora che si parlasse di Sforzato quindi, prodotto con uve nere, l’Aromatico era un vino dolce di gran pregio, al quale si dedicava nell’”Hostaria granda” di Tirano, un locale per la degustazione. In origine denominata “Casa de la Madonna”, l’edificio fu edificato da maestranze ticinesi per ospitare i pellegrini in visita al Santuario della Beata Vergine di Tirano; divenne in seguito Hostaria granda, un “albergo” gestito dai deputati del Santuario o da affittuari, frequentato da mercanti e da passanti.

Di struttura cinquecentesca, presentava un porticato e un loggiato su due piani con colonne in pietra verde e arcate a tutto sesto, vasti saloni a volta, capienti cantine e una profonda ghiaccia, la giazzera. Nel 1513, venivano poste le colonne a delimitazione del porticato e i lavori avevano visto un’accelerazione dopo il privilegio concesso per tenere la fiera di San Michele. La struttura era stata per secoli il principale punto di riferimento dei Grigioni in Valtellina e lo stesso valeva per i tanti mercanti, gli stessi ufficiali delle Tre Leghe, sino ai devoti fedeli oppure semplici viaggiatori.

Nel 1834, come scriveva il medico Filippo Massara, la produzione di Aromatico continuò a fianco di quella dello Sforzato, ma si parlava già di ottimi vini ottenuti solo da uve rosse. Come spiega sempre Diego Zoia nel suo libro*, il dominio dei Grigioni impose veri e propri disciplinari di produzione ai vignaioli valtellinesi, dove si obbligava la coltivazione dei vitigni a bacca rossa, da ciò la lenta scomparsa dei vitigni a bacca bianca.

Infine anche Cesare Cantù nella sua Grande Illustrazione del lombardo veneto, parlò di  vino sforzato di Tirano, Villa, Bianzone e di aromatico “che massime a Chiavenna faceasi d’uva appassita e teneasi in botti che non si vuotavano mai, ma ogni anni si rincapellavano”.

La storia più bella di oggi è che alcune cantine della Valtellina hanno provato a vinificare, in gran segreto, l’Aromatico…?

* Diego Zoia, “Vite e Vino in Valtellina e Valchiavenna”, 2004, www.officinadellibro.com