Materia Prima: il Teroldego e l’anfora di Foradori

Myrtha Emilio Theo Elisabetta Rainer (mētēr dal greco antico ‘madre’ – terra) sono le ultime cinque parole che concludono IL PENTAGON, il Memoriala di Rainer Zierock. Un’opera, dedicata alla comprensione agro filosofica della vite e del vino, uno scritto intenso, espressione di una visione dell’agricoltura che fa riflettere.

È la quintessenza del pensiero di Rainer, il filosofo agrario dal forte senso estetico, dove ‘la conoscenza della natura attraverso l’uomo è fonte di somma felicità e di massima soddisfazione’, un esploratore del pensiero d’avanguardiaDa qui Materia Prima, tutto ciò che appartiene alla vigna forma il Pentagono: Terreno-Clima-Viticoltura-Enologia-Cultura del vino, i cinque determinanti dell’espressione complessa della qualità, dove non esiste una terra cattiva, ma dove può esserci solo un uomo che non la sa comprendere.

Tutta la Val d’Adige è una via dall’antico passaggio, che ha permesso ai prodotti della Piana Rotaliana un commercio estensivo europeo e non preclusivo italiano. La zona è rappresentativa di varietà autoctone ricche di antociani, quali Teroldego, Marzemino, Lambrusco a foglia frastagliata, dall’avido tannino, alla ricchezza di colore, considerati i vini blu, tintori dei vini d’alta Europa. Presente un mercantilismo viticolo storico già nel 1200-1300.

Il Teroldego trova il suo habitat naturale nell’area del Campo Rotaliano, un triangolo di terra della parte settentrionale del Trentino delimitato dai fiumi Adige e Noce, nei comuni di Mezzocorona, Mezzolombardo e San Michele all’Adige. La Piana Rotaliana, 15km a nord di Trento e 3km dal confine del Trentino-Alto Adige, è ancora oggi barriera linguistica culturale esistente da oltre 3000 anni. Si identifica con un triangolo di 700 ettari viticoli, di cui 600 coltivati a Teroldego e il rimanente ad altri vitigni, Merlot – Nosiola.

Il triangolo al lato EST – il fiume Adige, il lato OVEST – è rappresentato da pareti montuose attraversate dal torrente Noce, che con le sue alluvioni ha trasformato il proprio conoide di deiezione in una grande pianura, dalla particolare struttura d’un banco di ghiaia e ciottoli, ricco di scheletro. Il soprassuolo è il risultato di un secolare lavoro intrapreso dall’uomo mediante l’apporto di un sottile strato di sabbia e limo. La deriva del sole determina un cono d’ombra alla Piana, causando la differenza di esposizione solare alle sponde montane.

A OVEST vegeta il vigneto di Sgarzon territorio più fresco – prevalenza di substrato sabbia e qualche raro ciottolo a mezzo metro sotto la sabbia, vigna con facilità di discesa delle radici, che cerca di occupare posto al bosco vicino, con crescita verde ampia che spinge verso l’alto, meno concentrato il frutto e gli zuccheri. Controlaterale ad EST, nel territorio più caldo e soleggiato, il vigneto di Morei – ciottoli di dolomite, calcare bianco e porfido, sassi rotondi affioranti dal substrato sabbioso, che rilascia una densità d’informazioni maggiori rispetto al lato ovest. Vite che sembra stare in avaria ha crescita ridotta, concentra il frutto e prende mineralità.

Il Teroldego è una varietà rustica, l’acidità lo trascina ad un buon invecchiamento. Buccia robusta, vive bene sulla sabbia grazie alla presenza delle doline creanti un circolo di ventilazione idonea alla sanità del frutto, che asciugano la Piana Rotaliana. Zona pregiata per le vigne è Maso Scari – Cru storico del primo imbottigliamento del Foradori19.

Il recupero dei cloni del Teroldego è dovuto al genetista specialista di ampelografia e conservazione, papà Rainer, grazie all’isolamento e ad una selezione massale su 30 genotipi di Teroldego, coadiuvato dal prof. Attilio Scienza. Tre ettari storici dal ’39 al ’56 sono quello che oggi è il Granato, il primo Teroldego vinificato in barrique, da cui l’esistenza dell’Azienda. Morei e Sgarzon si distinguono per carattere dai terreni di nascita, Sgarzon il ragazzino attraente, motociclista mordi e fuggi, spumeggiante, sempre pronto al naso; Morei il bibliotecario, noioso e socialmente disadattato, se si azzarda l’avvicinamento se ne traggono soddisfazioni, è timido e si regala nel tempo.

Theo Zierock sposa l’assaggio tattile, quella percezione che va oltre il profumo e le caratteristiche organolettiche, si spinge nella sublimazione estrema del percettore di gradimento personale, che viene a svilupparsi con gradienti di piacevolezza attribuiti ad una sensibilizzazione personale inaspettata. L’attività di macerazione avviene in anfore panciute spagnole di terracotta, dove svolge un’infusione sulle bucce.

Una materia liquida che si trasforma, respira ed evolve in tutta la sua naturalezza. Per le identità Teroldego Sgarzon e il Teroldego Morei, dopo un’attenta diraspatura e selezione delle uve, i grappoli vengono immessi in anfore da 350 – 420 litri riempite a 2/3. Le anfore vengono coperte solo con teli per permettere una frollatura mattutina. Dopo la prima settimana, quando la fermentazione inizia a rallentare, le anfore vengono tappate ermeticamente con un coperto in acciaio inox, tenute colme per nove mesi.

Svinate le anfore panciute a marzo, dove assembla un mosaico stabile per il decanto in cemento, la materia prima riposa in anfora cilindrica per circa un anno. Quest’ultime non adatte alla macerazione, fungono da culla per un affinamento garante d’espressione del terroir.

Tra gli assaggi in tripla verticale alcuni cru dell’Azienda:

Teroldego Granato 2010: rosso rubino intenso, fili granati, ampio e profondo. All’olfatto un bouquet fruttato di sottobosco a piccole essenze, mora selvatica, lampone mirtillo, spezie e note di caffè cuoio e liquirizia. L’approccio svolge ad un gusto possente, vivace e minerale. Un vino elegante, di buona piacevolezza, dal retrogusto importante e di lunga persistenza. Materico al palato, un tannino graffiante che deve ancora sciogliersi, in grado di rendere un prodotto di estrema qualità.

Teroldego Morei 2018- Teroldego Morei 2015- Teroldego Morei 2013

Teroldego Sgarzon 2018- Teroldego Sgarzon 2015- Teroldego Sgarzon 2013

Teroldego Granato 2019

Paola Ghisi – Onav Mantova