Gianni Moscardini fonda il suo approccio sul lavoro in vigna e su una ricerca approfondita e continua del rapporto tra terreno, portainnesto e varietà, allo scopo di reinterpretare il concetto di areale ed esaltare l’identità di parcella.
Gianni Moscardini ha qui individuato il principio cardine della propria produzione, oltre alla sua personale cifra espressiva: trovare il perfetto connubio tra clone, portainnesto e appezzamento. Nei primi anni 2000, parallelamente alla carriera come agronomo e consulente per diverse realtà vitivinicole, in particolare toscane, Gianni Moscardini acquisisce la proprietà agricola di famiglia – per oltre cent’anni dedicata alla coltivazione di cereali e ulivi – con il desiderio di plasmare il proprio progetto enologico.
La converte unicamente a una viticoltura di qualità e nei suoi vigneti trovano dimora diversi vitigni: in primis gli autoctoni toscani, come il ciliegiolo, il sangiovese e il vermentino, accanto a varietà internazionali, quali il merlot e il cabernet franc. Emerge, però, la scelta di piantare varietà tipiche di altri areali italiani per le quali Gianni Moscardini rileva una particolare affinità con il terroir di Pomaia: il teroldego, il fiano e il verdicchio, scardinando così il tradizionale concetto di areale.